Anteprima Renault Sport F1 del Gran Premio di Monaco Rémi Taffin, Responsabile Operazioni in Pista di Renault Sport F1, commenta il circuito di Monte Carlo e l’impegno di Renault in vista del GP di Monaco

In Velocità in salita

alte. Questo perché è la pista con la velocità media più bassa del mondiale (solo 160 km/h), mentre la velocità massima arriva a sfiorare appena i 280 km/h, rispetto agli oltre 315 km/h dell’ultimo Gran Premio di Spagna. Inoltre, il motore viene spinto alla massima accelerazione solo per il 35% del giro. Quindi, le mappe sono tarate per erogare la coppia ai bassi regimi, in modo da garantire guidabilità e reattività all’uscita dalle curve, mentre i rapporti al cambio sono calcolati per assicurare un’accelerazione efficace tra le curve.

 

Le numerose curve disseminate lungo il percorso non danno tregua al motore, il cui raffreddamento, di conseguenza, diventa un elemento cruciale. Dato il ruolo centrale di aderenza e deportanza, non possiamo permetterci di praticare fori di raffreddamento o aggiungere pannelli come supporto, ma cercheremo di disperdere il calore attraverso l’acqua e il sistema di lubrificazione.

È ovvio che, essendo un circuito cittadino, la presenza di cordoli, tombini e detriti di vario genere aumenta le probabilità che le vetture subiscano dei colpi. Uno dei tratti più a rischio in questo senso è quello che va dal Casino alla curva Mirabeau, il che spiega perché in questo punto la traiettoria delle monoposto non sia sempre in linea. In realtà, seguono la traiettoria più logica per questa sezione, perché in caso di asperità significativa viene a mancare il carico tra le due ruote e con esso la forza dinamica che serve al motore per evitare di toccare il limite massimo dei giri, causando, oltre che una perdita di tempo, una potenziale avaria del motore. Esistono molte altre asperità e irregolarità lungo il tracciato, ma dato che non sempre è possibile evitarle, preferiamo concentrarci sulla programmazione dei cambi di rapporto e incoraggiare il pilota a scalare marcia in anticipo per evitare di raggiungere il limite dei giri troppo spesso e di sollecitare eccessivamente il motore.

Una volta perfezionato l’assetto, lavoriamo anche a stretto contatto con il pilota. La sfida è quella di portarlo a un livello totale di fiducia sul motore, perché sa che sta facendo esattamente quello che lui vuole che faccia. Se si raggiunge questo obiettivo, allora è fatta!

Statistiche del circuito di Monte Carlo

Lunghezza

(km)

Velocità media

(km/h)

Velocità massima

(km/h)

% di giro alla massima accelerazione

Consumo di carburante per giro (kg)

Consumo carburante

(l/100 km)

3,340

153

279

34

1,5

64

Monte Carlo: tre curve in dettaglio

Dalla Sainte Devote alla Casino

La distanza che separa la linea di partenza dalla curva Sainte Devote è di soli 140 m – la staccata antecedente la prima curva più breve di tutto il mondiale, percorsa in appena quattro secondi dal pilota in pole position. Un lasso di tempo troppo breve per attivare il KERS, al quale tuttavia possono far ricorso i piloti delle file posteriori. Dopo aver decelerato fino a raggiungere i 105 km/h all’altezza della Sainte Devote, i piloti danno velocemente gas per affrontare il tratto in salita del Beau Rivage e arrivare alla curva Casino. Il circuito sale di oltre 30 m in 10 secondi, pertanto le mappe del motore vengono tarate in modo da lavorare con rapporti al cambio accorciati, per massimizzare l’accelerazione e toccare il limite massimo dei giri in cima alla salita. In questo tratto è possibile utilizzare il KERS, ma la pendenza ripida ne riduce l’efficacia. In effetti, qui i sorpassi sono riservati ai piloti che attuano la migliore strategia di accelerazione all’uscita dalla Sainte Devote, quindi in questa curva le mappe di pedali e coppia sono particolarmente importanti.

Grand Hotel Hairpin

Dalla curva Mirabeau, il circuito scende repentinamente verso il tornantino del Grand Hotel Hairpin. Il salto e una curva di circa 180° ne fanno la curva più stretta dell’intero mondiale. Quando le vetture percorrono la curva a gomito, il motore è alla velocità e ai regimi più bassi di qualsiasi altro circuito del calendario: solo 44 km/h a circa 7.000 giri/min. Le mappe dei pedali e della coppia devono essere adeguatamente tarate e il pilota potrebbe perfino essere costretto a intervenire sulla frizione per evitare un’eccessiva spinta del motore, che potrebbe esitare in un repentino aumento del regime e provocare una collisione con la monoposto davanti o contro il muro. In questo punto, una mappatura corretta può far guadagnare o perdere istanti preziosi.

Dal tunnel alla chicane

Oltre al breve rettilineo dei box, il tunnel è l’unico tratto in cui le auto possono raggiungere la massima velocità. Il motore deve possedere una buona accelerazione per consentire al pilota di raggiungere la massima velocità rapidamente, visto che il rettilineo tra la curva Portier e la chicane è di soli 670 m, ovvero attorno agli otto-nove secondi. Appena prima della zona di frenata per la chicane, le monoposto toccano i 290 km/h per cui – in teoria – si potrebbe attivare il KERS, ma solo per difendere la propria posizione più che per tentare un sorpasso, visto che la traiettoria di uscita è molto sporca. Data la scarsità di momenti in cui il motore può aspirare aria fresca, questa possibilità di “respirare” è importante. Tuttavia, esiste anche il rovescio della medaglia: data la natura chiusa del tunnel, infatti, l’aria convogliata all’interno del motore attraverso l’airbox ha una temperatura estremamente elevata ed è piena di polvere e pezzi di gomma che non possono essere spazzati via a causa della presenza della volta e delle pareti del tunnel.

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